Negli ultimi due anni si sono concentrati sul vaccino, dimenticando le cure. La grigliata di Ferragosto al Barazzone invece incarna tutti e due i termini, ma circoscrivere questo gioioso evento nel freddo linguaggio medico sarebbe tanto irrispettoso quanto riduttivo. Cura e vaccino – o antidoto, che suona meno lugubre e un po’ più fiabesco – inteso alla società di oggi, ai suoi ritmi, al suo stress. Poi certo, dopo la grigliata di Ferragosto è necessaria qualche altra cura, principalmente la dieta… La grigliata del Barazzone è un avamposto, una zona franca, un piccolo miracolo spazio-temporale dove le persone riescono a stare bene insieme per il gusto di stare insieme. Ricorda per certi versi le grigliate estive della giovinezza, le coeve feste di Capodanno, i compleanni in pizzeria, eventi programmati ma attesi con quella smania che ti faceva friggere lo stomaco contando i giorni che mancavano, ipotizzando tutte le cose che avresti potuto (o sognato) fare, ma anche la paura di non poter partecipare per qualche motivo. Emozioni pianificate. Di quel tempo è come se si fosse tramandato il gusto di vivere una giornata a chiacchiere e stupidate, amenità che si avviluppano a cose serie, tutto esce naturale, spontaneo. Allora il 110 era solo un voto che forse qualcuno un giorno avrebbe preso, soldi in bisacca pochini, entusiasmo tanto, le borsette erano quelle della mamma e della zia, le auto e le moto si sognavano sulle riviste e si ammiravano in piazza (da ferme) o sulla Sparavalle (in movimento). Divertirsi con poco, fantasticare più che possedere, sfruttare a fare fruttare quello che c’era. Ecco, alla grigliata di Ferragosto si respira lo stesso sapore spensierato, quello che ti ha fatto stare bene come non mai e che a volte temi di non provare più, o comunque non appieno, in più adesso non c’è quella voglia di stupire a tutti i costi che da ragazzi a volte esondava nel numero da circo. Se è sbagliato voler rivivere un’età che non c’è più, è invece salvifico mantenere quello spirito dopo i quaranta. A Ferragosto i genitori tornano ragazzi, mostrando ai figli che per divertirsi e stare bene basta poco – la compagnia è indispensabile, le vivande e la musica quasi, il resto è più o meno superfluo – cosa che i figli sanno già bene e applicano ancor meglio. Amicizie storiche (probabilmente imperiture) ed altre più recenti ma già robuste, un’accoglienza autentica dei padroni di casa che ti mette a tuo agio, spariscono i formalismi, certi meccanismi mentali figli di…boh…diciamo della quotidianità si smontano da soli, i pezzi rimangono lì e si ricomporranno, ma solo dopo qualche giorno e il compiere con naturalezza gesti che altrove imbarazzerebbero (no, la zona nudisti non c’è) vale due certezze: nelle situazioni idilliache esce il meglio di noi e in tutte le altre forse stiamo sbagliando qualcosa (togliendo forse e qualcosa la frase assume un senso ancora più compiuto). Lo diranno anche quegli esauriti dei motivatori, ma contornarsi di persone allegre è vitale. E’ come se con le braci della griglia sparissero certe remore, venisse sgrassata l’anima da sovrastrutture che ci legano gli atteggiamenti ed esattamente come la brace dona alla carne quella particolare cottura e quel tipico gusto, anche i nostri caratteri vengono insaporiti. Nota a margine: non è un inno a grigliare carne umana, o i radicali ed il partito trasversale del politicamente corretto potrebbero alzare un polverone, ergo scassare pesantemente le palle.
Il 15 di agosto al Barazzone ognuno può inventarsi il proprio ruolo: chi gestisce i tavoli, chi cura la griglia, chi la musica, chi il frigo e qualcuno è dedito a non fare assolutamente un cazzo, ruolo quest’ultimo assolutamente previsto nonché fortemente richiesto. I visi non mentono mai, in quella giornata le espressioni sono tutte distese, immortalate della fotografa della compagnia, anche se nulla è per sempre, ed ecco che a fine serata e il mattino successivo le espressioni passano dal disteso al sofferente accompagnate da quell’accrocchio di promesse e pentimenti sul mangiare e sul bere, attendibili esattamente come quelle di 25 anni fa. D’altronde come diceva quel famoso proverbio orientale, non è bere che fa male, è ri-bere. Orientale perché lo pronunciò un tizio del Friuli Venezia Giulia. Ci si affeziona anche ai rituali, tipo il puntuale timore che ogni anno affiora di non aver abbastanza roba da mangiare, gli psicologi la chiamerebbero coazione a ripetere, il risultato è che la grigliata di Ferragisto diventa LE grigliate di Ferragosto. In ogni angolo c’è gente che sta bene. I più piccoli giocano a cosa lo sanno solo loro, si renderanno conto di vivere una meraviglia? O la meraviglia è non rendersene conto? Nella partita a biliardino sono stati convocati frenesia fanciullesca, sudore, competizione e bava alla bocca asciugata da qualche sacrosanta madonna. Le sedie di plastica messe in cerchio paiono non volersi più muovere intente ad ascoltare pure loro le chiacchiere degli invitati. E poi c’è la predisposizione alla cazzata, una di quelle università specializzate nel nulla, una a caso, dovrebbe per una volta fare una ricerca utile sull’argomento. Ma che università, la sentenza la spariamo noi: la sana cazzata aiuta a vivere meglio, il contesto barazzoniano spinge a proferirne a nastro, il contesto barazzoninao aiuta a vivere meglio (il resto dei sillogismi e dei postulati lo potete trovare nel volume La fenomenologia della cazzata).
Anche se il tasso di stronzaggine delle persone è direttamente proporzionale alle temperature medie – sta aumentando considerevolmente – il genere umano ha ancora la capacità di scegliere persone affini con cui stare bene. Forse non tutto il genere umano, noi certamente sì. Il che dà una certa speranza per noi e per i nostri figli. Ci vorrebbero più Ferragosti al Barazzone, anche se non mancano le cause ostative (vedi alla voce proctologia, gastroenterologia, indice di massa corporea), poi un’emozione non si interrompe ma nemmeno si può inflazionare. Sta a noi trarre insegnamento da quella che è molto più di una semplice giornata di festa.