Archivio | agosto, 2015

Compro&Vendo

23 Ago

L’argomento è volutamente leggero come il periodo estivo richiede.
Ma è comunque più avvincente delle (non) notizie profuse dalla prezzolata stampa nostrana o delle slinguazzate di sedicenti intellettuali che non conoscono la parola ferie.
Parliamo del mercato – nella sua accezione antica di luogo d’incontro di domanda ed offerta di beni – che ha traslocato pure lui dall’agorà al web e certe vecchie trattative (spesso più un rito che una reale contrattazione) hanno dovuto cedere il passo a nuove fattispecie.
Vi sarà capitato di inserire su internet un inserzione di vendita per la vostra auto o moto come di trovarvi nella condizione di doverne cercare una.
Vi potrebbero attendere questi fenomeni.

L’acquirente ineducato
Rispondono al vostro annuncio con una serafica email o con un messaggio volutamente scarno e asciutto: i buongiorno, ciao, salve, saluti e presentazioni non fanno parte del loro dizionario.
A ben vedere il dizionario non fa parte della loro vita.
Scrivono un aut aut con un’offerta pari al 60% di quanto richiesto (ovviamente senza aver visto il mezzo) e bontà loro specificano che il passaggio è a loro carico e che pagheranno alla consegna (com’è umano lei…).
Quando, più o meno bruscamente, gli fate notare che non è il caso sembra di vedere il loro musino disilluso mentre vergano che va bene lo stesso (ci mancherebbe) ma se voi doveste cambiare idea fateglielo sapere.
(Mi vuoi mettere una scopa in culo così ti ramazzo la stanza? cit.).

Chiaro, limpido, puzza di reato
Questi altri invece più che fastidiosi paiono truffatori o comunque soggetti diversamente rispettosi delle leggi.
Non so il motivo, ma chiamano (o scrivono, loro sono più eclettici) asserendo di essere francesi e biascicando qualche parola in italiano (o forse solo facendo finta) vi chiedono due informazioni sommarie e qualsiasi cosa diciate loro (tipo che l’auto è radioattiva, che la moto perde la ruota anteriore con facilità ed a volte s’incendia), il primo sabato di calendario sono pronti a prendere il mezzo pagando in contanti, oppure vi faranno recapitare un bonifico dall’estero.
Il passaggio di proprietà?Dopo,dopo…
Inutile dire che sono da evitare come la peste, ma non mi stupirebbe di vederli in posti che contano.

Baratta anche tu con noi!
Più pittoreschi, ed alla fine pure simpatici, gli iper-attivi del baratto.
All’impossibilità di pagare interamente il prezzo dell’annuncio non si perdono certo d’animo e – solerti e laboriosi come un teutonico e creativi ed ingegnosi come un latino – rispolverano la più antica forma di commercio esistente.
Offrono auto e/o moto interessanti (ancorché non gradite), improbabili (quindi assolutamente non gradite) o proprio ripugnanti (roba da dichiarazione di guerra).
Un vostro diniego è lungi dal farli desistere.
Rilanciano con la bici che gli fu regalata alla Prima Comunione, il materasso e la rete della loro prima volta, un tostapane Brionvega (sanno che il vintage tira), l’auto del loro vicino (ignaro di tutto) per finire col Prete della loro Prima Comunione.
Non sono ancora arrivati alla scena del pazzo che descrisse Ivan Graziani in Pasqua :
“5.000 lire sussurra/ti faccio andare con mia sorella/ non è un gran è vero ma ho soltanto quella”, ma per interromperli occorre spegnere il pulsante che hanno dietro la schiena.

Il venditore controvoglia
Al telefono risponde svogliato, pare quasi moribondo, e poi è giustamente scocciato che gli chiediate informazioni sull’oggetto che ha lui messo in vendita.
E poi ci sta ripensando, nonostante le numerose offerte ricevute tutte più alte del prezzo da lui richiesto.
Ma che per uno stranissimo motivo stanno vagando nell’etere.
D’altrone il suo annuncio era tanto un prodromo a quel comportamento quanto un diktat da persona afflitta da evidenti manie di persecuzione: no email, no messaggi, no domande strane, i soldi per mangiare ce li ho, è l’annuncio più caro del web ma non me ne frega niente, no curiosi, no affaristi, no gente che respira, io vi ammazzo tutti.
E’ evidente il trauma subito dalla visione dello spot degli anni ’80 sull’Aids.
Solo che l’alone viola, anziché il corpo, gli ha circondato completamente il cervello fungendo da sigillante e interrompendo la già deficitaria attività cerebrale.
Che questo problematico inserzionista non transiga sul prezzo da lui fissato è comprensibile, che per esprimere questo concetto (ripeto, lecito), utilizzi una protervia in versione deluxe è la sublimazione di un evidente misantropia.

Il filantropo
Agli antipodi invece è il tipico soggetto afflitto da gentilite.
Già al telefono sciorina tutto il manuale del venditore-appassionato-amico.
E via cavo può anche far piacere (specie se prima avete sentito l’orco qui sopra) e quasi convincervi.
De visu, no.
Sforzatamente sorridente, vi mostra il suo gioiello (col quale inscena una corresponsione di amorosi sensi) che con il cuore in mano (per essere più sicuro mima anche il gesto) vi vuole vendere facendovi fare l’affare della vostra vita.
E lui sa già che si pentirà, ma beati voi.
Lo ringrazierete…
Continua con le sue meta-dichiarazioni asserendo che il mezzo è perfetto, è stato custodito gelosamente e non ha avuto incidenti (avete già intuito, vero?) poi esclama la frase “Non ci sono per il collo” con una prossemica da attore consumato.
Infatti coerentemente parte dal prezzo fissato che era trattabile (lui è comprensivo) ed inaugura un (auto)asta al ribasso senza che voi proferiate parola.
Fa tutto lui.
E’ quasi commuovente come cerchi di credere anche lui alle balle che sta sparando.
D’altronde, qualcuno prima le ha raccontate a lui.

Che famo, ce tocca pure da rivalutà quer tira sole der salone d’automobbili?

Io e l’Alfetta

12 Ago

L’Alfa Romeo ha recentemente presentato la Giulia, ma non è di lei che voglio parlare, bensì di una sua illustre progenitrice.
Ci sono diversi motivi per cui da bambini un’auto fa breccia nel cuore, lì prende la residenza e diventa un’icona:
– perché è indiscutibilmente bella;
– perché va forte ed ha un bel rumore;
– perché è posseduta da qualcuno nella cerchia familiare o fra gli amici più stretti;
– perché è l’auto delle forze dell’ordine (da piccoli si è sensibili al fascino della divisa, da grandi decisamente meno) e negli inseguimenti dei polizziotteschi è irraggiungibile;
– perché su di lei aleggiano leggende che il più delle volte son vere.

Io adoro l’Alfetta per tutti questi motivi.
Ma non solo.
Le auto storiche (o d’epoca, insomma quelle di qualche annetto fa) hanno il potere di pulsare emozioni passate (anche solo vissute di striscio) o far vivere situazioni che l’anagrafe ci ha impedito.
Cosa mi piace di più in lei?
Beh, ad esempio…tutto.
Con quei quattro fari tondi è impossibile resistere al suo sguardo ed il colpo del knock-out arriva passando alla fiancata e a quella coda che trasuda tutta la sua voglia di correre via.
E poi le maniglie cromate (arte moderna), i fari posteriori più severi ed austeri per acuire la penitenza di chi deve starle dietro.
O certe finezze come il pomello del deflettore.
Per finire con la marmitta centrale ed il suo inconfondibile ondeggiare durante l’accensione (ha fatto la sua conoscenza anche il Tango di tante generazioni).
Non sono ammesse battute su pulsioni freudiane o prosecuzioni falliche: questo non è un articolo democratico, o potreste essere costretti a guidare una Multipla o una Ssangyong.

Tecnicamente era avanti solo vent’anni anni, alla Bmw in Germania (proprio quelli che oggi danno i compiti a casa) studiavano da lei (ed hanno imparato).
Di serie aveva anche i difetti, qualcuno tanto cronico da divenire un involontario stilema.
Concepita col massimo dei crismi, fu un successo clamoroso, nonostante fosse venuta alla luce un pò in ritardo e soprattutto nel periodo sbagliato vista l’indole sportiva del marchio di Arese, coi due decenni adiacenti (i Sessanta e gli Ottanta) che sarebbero stati onorati di farle vivere una favola ancora più scintillante.
Riusciva (e riesce) a penetrarti nell’anima e a farti vibrare le corde senza dover ricorrere al doping o a inutili estremismi.
Refrattaria al barocco e al ridondante , fa invidia a chi deve ricorrerci per dimostrare il machismo e il sex appeal.
Nella versione berlina era (è) La Berlina, il Gt/Gtv era l’innalzamento di un parossismo nonché mio personalissimo feticcio: talmente incantevole che lo potrebbero rifare così come era senza aggiungere nemmeno un bullone o una luce a led, e pensare che per degli anni ha dovuto sopportare l’onta di essere definito brutto anatroccolo…
Ci si distingueva allora, ci si distingue oggi.
(con accento torinese “Sai cosa ho pensato Lino, ci facciamo l’Alfetta…”)
L’Alfetta era un sogno realizzabile, proiezione rispettata anche oggi.
Univa il sacro (la famiglia) ed il profano (la velocità).
Se faccio fatica a coniare un aforisma per il termine vitellone posso affermare con sicurezza che la sua auto è un Alfetta.
Dagli anni Settanta (la berlina è stata presentata nel 1972, la Gt due anni dopo) in poi ha accompagnato tutti i momenti della nostra storia non lesinando mai grinta, classe e generosità che le sono proprie.
Rispetto ad una macchina dei nostri giorni ha tanto di meno, ma ti accorgi che quel tanto sono orpelli, cioè puro superfluo.
Per assaporare le stesse sensazioni oggi bisogna moltiplicare i cavalli per tre: che la tecnologia debba essere promossa a pieni voti ho i miei dubbi.
L’Alfetta è una rehab dall’elettronica e dal virtuale, un regalo per chi intende le auto come motore, telaio e benzina.
Passa il tempo ma l’Alfetta pare averlo fermato.
Il giudizio su di lei era così vent’anni fa, sarà così nel 2035.
Sarà così sempre.
Quest’auto è un genio compreso (benissimo) anche dai suoi contemporanei e venerato dai posteri.
Per fortuna in giro ce ne sono ancora.
E per fortuna una di queste è una mia coetanea che ha deciso di venire a vivere con noi.