Archivio | febbraio, 2015

Eroe del niente

24 Feb

Questa storia è ambientata in un lontano Paese del Terzo Mondo dal passato glorioso.
Nonostante un diffuso pauperismo la dignità delle persone non si era ancora smarrita del tutto.
Il protagonista è alle scuole superiori.
Imparava tutto a memoria, non passava mai nei compiti in classe e spifferava i nomi dei compagni che lo facevano.
In compenso era fieramente antipatico, pure bruttarello ed anche un pò invidioso di quelli che da adolescenti si comportavano da adolescenti.
Li abbiamo avuti tutti dei tipi come lui in classe, oppure nella compagnia.
Dalla compagnia però di solito uscivano, a calci nel culo.
Per darsi un senso raccontava balle in maniera seriale: duelli con supereroi (lui le suonava sia a Batman che all’Uomo Ragno), scopate con le più belle della scuola (due in particolare: Roberta e Federica) ed avventure mirabolanti nella sua camera (iperbarica).
Lui era il classico cugino di tutti.
Ma cagato da nessuno.
La cosa più trasgressiva che aveva fatto nella sua rutilante giovinezza era stata chiedere alla mamma di condirgli la pasta con l’Electrica salsa (baba baba, aha aha).
Culturalmente guardava all’Italia.
Il Drive in lo registrava per vederselo a pezzi: una puntata intera richiedeva troppa attenzione e poi certe battute le capiva solamente al terzo Rewind.
Sognava di essere un Chicco Lazzaretti (seeeee) risultando però un misto fra Bruno Sacchi e la versione sbiadita di Aziz (il maggiordomo di Camillo Zampetti).
Era un pò il Paninaro di Enzo Braschi, appena più tamarro, e un pò Mimmo di Bianco Rosso e Verdone, solo meno intraprendente.
Sedicente intenditore di musica, ai Righeira rimproverava di non avere sonorità all’altezza dei profondissimi testi.
Noto appassionato di se stesso (cioè del nulla) andava predicando che gli fossero state dedicate due canzoni: Faccia da pirla (di un tal Charlie) e Vaffanculo di Marco Masini.
Pur di attirare l’attenzione infatti era disposto a svendere la propria reputazione, che non a caso gli stava distante almeno tre metri.

Quelli come lui, crescendo, o compensano l’apatia cerebrale giovanile con slanci di talento, o peggiorano.
Solo nelle favole si verifica la prima ipotesi.
Resosi conto che nella vita non avrebbe potuto combinare niente (ad oggi rimane l’unico ragionamento di senso compiuto dei suoi primi vent’anni), gli restavano due scelte:
– la televisione, ma il suo ruolo era già stato preso dal protagonista dello spot dell’Hurrà Saiwa ed inoltre Mr. Bean non aveva intenzione di ritirarsi dalle scene;
– la politica.
Pausa drammatica.
Avrete capito perchè.
Non si sa in che modo, ma a piccoli passi arrivò a ricoprire le più importanti cariche istituzionali di quel Paese.
L’informazione di quella Nazione aveva ormai leccato il culo a tutti i potenti che ne calcavano il suolo ed accolsero anche lui con tappeti di saliva.
Il suo secondo pensiero – che risulterà nefasto – fu che se la popolazione andava in visibilio per uno che sparava cazzate a ripetizione era giusto approfittarsene.
Sembrava quasi covasse un personale revanscismo, alla stregua di un suo collega a cui mancavano 8 cm per raggiungere l’altezza di Rui Barros (con le scarpe tacchettate).
Nel frattempo il suo Paese aveva gettato al vento quel poco di morale che gli era rimasta in tasca: ragionare era divenuto un vezzo controproducente ed il cervello un inutile orpello da sacrificare all’altare del Pensiero Unico.
I poteri forti erano ben felici di manovrare uno come lui a cui interessava solo il proprio ego ed il proprio tornaconto.
Rapito com’era dal protagonismo non aveva capito che nei selfie (una moda interplanetaria) era proprio la sua faccia ad essere immortalata.
Era talmente permaloso che accettava le critiche solo se scritte da lui.
Un ottimo metodo per evitare delle figure di merda è parlare di ciò che si conosce.
Allora il nostro Capo avrebbe dovuto stare sempre zitto, ma logorroico com’era non ci riusciva: le sue proverbiali supercazzole erano dolcificanti per tremende purghe, i suoi discorsi talmente vuoti che per elevarne il contenuto sarebbe bastato farli scrivere ad Hello Spank!.
Quando era incalzato (cioè quasi mai visto il servilismo imperante) le sue risposte facevano rimpiangere la trama di Beautiful.
Più era arrogante più il suo consenso aumentava, più emanava leggi impopolari più il suo elettorato lo incitava ad andare avanti (Eddai cazzo!).
Era un Grillo Parlante in carne ed ossa a cui gli elettori non solo credevano ciecamente, ma ne diffondevano pure il verbo.
Dimostrando la stessa razionalità di un tifoso dodicenne.
In un Paese già pieno di macerie il nostro rabdomante di consensi diede il colpo di grazia, ma il suo fervente Fan club anziché andarlo a prendere coi forconi si lamentò perché non lo avevano fatto lavorare abbastanza.
Speriamo che non capiti mai in Italia una vicenda così.

P.s.
Nel 2004 i Green Day pubblicarono American Idiot: forse il loro capolavoro, un album molto politico, duro e critico con la società americana e l’amministrazione Bush.
Un giorno al cantante Billi Joe Armstrong venne posta la domanda se la canzone che diede il titolo al disco fosse dedicata all’allora Presidente degli Stati Uniti.
Billi Joe rispose beffardo e con la faccia di chi voleva far capire che stava prendendo tutti per il culo “La canzone American Idiot non parla di Bush, ma se tutti lo credevano ci sarà un motivo…”.

(Articolo di pura fantasia, qualsiasi riferimento a fatti, persone e luoghi è puramente casuale).

Musicanima

4 Feb

L’uomo si differenzia dagli animali soprattutto per due ragioni, tra loro quasi in antitesi: ovvero per la capacità di ridere ma anche per essere l’unico essere vivente a sapere – praticamente da subito – che presto o tardi morirà.
Non deve stupire se per accettare questa ed altre situazioni – o anche solo per lenire l’ansia che procurano – il genere umano sia andato a caccia di soluzioni diciamo così metafisiche.
Peccato che si sia sempre accontentato delle religioni, che della spiritualità e della fede non sono altro che strumenti di controllo.
Anche al giorno d’oggi scindere questi concetti e non passare da profani ha del miracoloso.
L’esigenza di trascendere infatti annovera pure la filosofia (in varie declinazioni) ma anche tante forme di solipsismo e financo il materialismo.
Non di rado diversi musicisti hanno deciso di inserire nello spartito l’elevazione dello spirito.

I Baustelle non sembrano aver mai fatto in vita loro i chierichetti.
Andarsene così è infatti scritta da un ateo marxista de facto filosofo, segno che l’esplorazione dell’anima e di quello che gli sta intorno non è un esclusiva delle religioni.
Il pezzo è un ambizioso tentativo di elevarsi e comprendere mondi differenti “Amare come Dio/usarne le parole”, cercare la genesi di certi meccanismi “Non è impossibile pensare un altro mondo/Durante notti di paura e di dolore” fra sogno,utopia “Sarebbe splendido/amare veramente/riuscire a farcela/e non pentirsi mai” ed un briciolo d’utilitarismo “Sarebbe comodo/andarsene così”.

Sul finire degli anni Ottanta le atmosfere erano piuttosto refrattarie alla meditazione, ma Franco Battiato ed i CCCP hanno regalato queste due gemme che si sono aggiunte alla loro folta collezione.
I CCCP erano precursori e geniali quindi anacronistici e decontestualizzati.
In Svegliami Giovanni Lindo Ferretti ha delle contorsioni intime causate da crisi di valori e perdita di punti di riferimento (“Intanto Paolo VI non c’è più/E’ morto Berlinguer”) e con le sue mitragliate lancia una spietata invettiva (“Sezionatori d’anime giocano con il bisturi/maggioranze boriose cercano furbi e stupidi…”) rivestendo le parole di filosofia adamantina (“Qualcuno il pre/qualcuno il post senza essere mai stato niente” e “Cerco le qualità che non rendono/in questa razza umana/che adora gli orologi/e non conosce il tempo”) con la Natura che sembra voglia parteciparvi attivamente (“Ha conati di vomito la Terra/e si stravolge il cielo con le stelle”)
Un evidente nichilismo (“E non c’è modo di fuggire mai”, “Vorei morire ora”) è in realtà superato nello stesso istante in cui si alza un grido di aiuto e celebrazione a qualcosa di superiore (una divinità, una persona, un feticcio,l’aldilà).
Lo scorcio è lo stesso – il secolo oramai alla fine saturo di parassiti senza dignità (cit.) – ma la sensazione passando all’ascolto di E ti vengo a cercare di Franco Battiato è quella di un uomo innamorato.
Della fede.
L’inquietudine lascia il posto ad una serenità d’animo che lo rende impermeabile a questa suburra di società che vieppiù fortifica il bisogno di incontrare Dio in un rapporto mistico.
Se qualche anno prima il maestro del Maestro insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire (Prospettiva Nevsky), è probabile che il Battio in quel periodo abbia sciolto la matassa della propria anima.
Come dice il mio amico Ime, l’ispirazione di un artista è figlia dell’insoddisfazione, di qualcosa che non ti va e che vorresti cambiare, di un vuoto da riempire.
Comporre questo capolavoro in una condizione di pace interiore dà la misura dell’artista.

Luca Carboni nella famosa Silvia lo sai parlava di “Un Dio cattivo e noioso/preso andando a dottrina/come un arbitro severo fischiava tutti i perché?”.
Faceva parte dello stesso album anche Caro Gesù, una canzone in apparenza leggera e poco impegnata come spesso (troppo) è stato dipinto l’artista bolognese.
Nel brano Carboni sembra smettere i panni del cantautore per indossare quelli della persona comune che dialoga con chi sulla Terra c’è stato e può capire certe problematiche (la casa, ad esempio…)
La filosofia si fa più spiccia ma non meno incisiva:tutta la quotidianità deve avere la benedizione del Dio denaro, sempre.
Quindi?
“Oh no i soldi lo so non danno la felicità/immagina però come può stare chi non li ha/oh no da soli lo so da soli no no no” più che un ritornello è uno schiaffo all’ipocrisia.
Su Radio Maria sarà passata questa canzone?

Anche Ligabue, parafrasando lo stesso cantautore, ha avuto un pò di traffico nell’anima e nella sua Hai un momento Dio ha stilato (da bravo ragioniere) l’ordine delle domande da porre al Signore.
Il dubbio che più lo attanagliava era sapere chi avrebbe acquistato la sua cara Inter.
Siamo infatti nel 1995 e il Presidente nerazzurro Ernesto Pellegrini avrebbe, di lì a poco, ceduto il timone a Massimo Moratti.
Adesso, questi passaggi interiori non sono mica semplici o indolori, richiedono anche anni prima che venga scavata la galleria giusta che faccia liberare le elaborazioni di una vita, e lui per cosa sente il bisogno di parlare con Dio?
Per la Presidenza dell’Inter.
Solo dopo vengono le più ortodosse ed inflazionate “dove mi porti” e “soprattutto perché?”.
Poi condisce il tutto con la solita salsa vittimista “Se rompo pago per tre” , “No perchè sono qua insomma ci sarei anch’io”, anche se molto umilmente afferma “Perché ho qualche cosa in cui credere perché non riesco mica a ricordare bene che cos’è”.
A cui non è facile rispondere.
E rispondersi.