Archivio | luglio, 2014

Riservata personale

18 Lug

La riservatezza rientra fra quei concetti ai quali non si può applicare un sistema metrico.
I personaggi che scopriremo tra poco però vanno ben oltre il revisionismo.

Bulli & balle
Danno il meglio di sé nei luoghi pubblici: a bordo di una piscina, davanti ad un tapis roulant in palestra (che frequentano esclusivamente per sganassare) o appoggiati al bancone di un bar (che frequentano anche per sganassare).
Sono dei succedanei di Artur Fonzarelli, delle versioni sbiadite di personaggi caricaturali come Oscar Pettinari, il Verdone di Troppo Forte.
L’archetipo di questi bulletti del Terzo millennio è un quarantenne/cinquantenne perennemente affascinato da se stesso.
Esigono pubblico, in cambio raccontano vita, morte, miracoli, cose vere (e false) di se stessi e di chi gli sta (sventuratamente) accanto: le proprie malattie veneree, le loro traversie matrimoniali (ovviamente sparando merda sulla moglie), la durata (al centesimo di secondo) del loro ultimo rapporto sessuale, i problemi dei figli (vorrei anche vedere), le loro pendenze giudiziarie, i loro progetti imprenditoriali assolutamente irrealizzabili, le loro scopate gratis assolutamente irrealizzabili e le loro scopate a pagamento (che realizzano di frequente).
Nei loro racconti spesso il convitato di pietra è un ignara partner (magari alle prime uscite) di cui tre quarti della città conosce ormai anche le pieghe della pelle (e non solo).
Se le persone normali proteggono i propri cari, loro li proiettano vivisezionati in pasto ad un pubblico ululante.
La mia nonna paterna, che purtroppo non ho mai conosciuto, soleva dire che “Certuni fanno ridere di fuori e piangere in casa”.

Che pezza!
Forse queste poche righe non saranno sufficienti a preservarvi dalla loro molestia, ma è un tentativo che dobbiamo fare.
Non chiedetegli mai “Come stai?”, finireste nelle loro fauci tout court.
Anche perché da un innocente quanto banale “Hai sentito che caldo oggi…” questi pezz-man hanno la capacità non comune di partire ad enunciarvi le loro peripezie.
Ed in questo processo morboso vogliono evangelizzare tutti per farli partecipare alle loro sfighe.
Effettivamente gliene capitano di tutti i colori: vi racconteranno dei malanni (con annessi ricoveri, esami, interventi sbagliati, medicine e convalescenza) dei parenti fino al quarto grado, delle angherie subite negli uffici pubblici e della nuova causa civile col vicino.
Perché loro sono sempre in causa con qualcuno.
Pezza multitasking: questo particolare della loro scheda tecnica – apparentemente insignificante – è in realtà il tratto distintivo che li fa assurgere a fuoriclasse della categoria.
Il loro microchip può gestire una quantità di argomenti che tende a + infinito.
Anzi, spesso per ipnotizzare la vittima volutamente iniziano – senza terminarli – una mezza dozzina di concetti e postulati.
Stranamente con dei genitori così il figlio ha una vita sociale paragonabile a quella di un Murray Bozinsky (però in versione autistica).
Se dalle loro labbra sentite enunciare un “Ti racconto questa poi vado…” sappiate che siete solo all’inizio dei gironi danteschi dell’Inferno.
Non soddisfatti delle loro geremiadi amano suggellare la loro performance con una pignatta di cazzi degli altri.

Speteguless
Avere un amico (ma molto più spesso un’amica) così rientra fra gli anatemi.
Sono dei recipienti coi buchi di confidenze, mossi da evidenti pulsioni freudiane.
Impossibile non pensare a Maledette malelingue di Ivan Graziani.
Se la notizia non va da loro, loro vanno dalla notizia in un’ossessiva corsa ai cazzi degli altri.
Non esiste una situazione propedeutica a stimolare la loro voglia di critica livida e feroce: facendo loro il motto “Ogni notizia (e relativa spettegolata) lasciata è persa”, sono perennemente con le orecchie dritte e la lingua biforcuta pronta a spruzzare il suo veleno fatto da chi non riesce a farsi i cazzi suoi (cit.).
Confidarsi con loro garantisce la stessa riservatezza di una notizia annunciata al telegiornale.
Quando iniziano a sparlare entrano in una trance agonistica: tale è la libido, tanto il livore emanato, che il loro dirimpettaio potrebbe essere tranquillamente il fratello della vittima senza che loro fermino la loro furia.
E’ uno sporco lavoro e loro sono ben contenti di farlo.
Anzi, trasformare una passione in un’attività è un traguardo tanto ambizioso quanto stimolante.
Denigrare in gruppo (magari con le loro simili) è una fantasia neanche tanto proibita: nella fattispecie il viso diventa rutilante, gli occhi brillano di una luce propria, gli acidi commenti ed il sistema endocrino si alimentano reciprocamente.
Provate voi a fare un commento su di loro, e vedrete…

Confessioni di quarto grado
Tra un approccio cattolico ed uno protestante al tema della confessione le signore di questa categoria (sì, sono quasi tutte donne) hanno scelto una terza strada.
E soprattutto un confessore “anomalo”: un commesso, un impiegato postale, un infermiere.
Cercano subito feeling: già al primo incontro sciorinano il calendario degli ultimi 24 mesi sul loro ciclo mestruale con annesso un flussometro ad istogrammi.
Raccontano – a quello che a tutti gli effetti è un perfetto estraneo – questioni di cui non parlano nemmeno col marito o con una sorella (ma forse perché non vengono più ascoltate).
“Sai, col rapporto che c’è tra di noi…” è un mantra usato capziosamente per soverchiare le delicate regole delle relazioni interpersonali.
Nessuno – per pudore ma soprattutto per obblighi professionali – che le dica “Perché,che rapporto c’è tra di noi?”
Vogliono far credere che l’involontario depositario dei loro segreti sia unico: un predestinato a cui il Signore ha riservato l’onore di ascoltare la pettegola smarrita.
Non è vero: il fruttivendolo del negozio di fronte conosce altrettante vicende, se non di più (alcune verdure, con quelle forme un po’ così, solleticano racconti bollenti).

Basta attendere

16 Lug

Quando lo sguardo si volta ad analizzare la fenomenologia di una dittatura o di un regime diversamente democratico, ci si chiede, ex post, come sia stato possibile permetterne la nascita e non impedire alle prime fiamme di diventare incendio.
Quando lo si vive invece – un momento storico del genere – almeno inizialmente le nostre percezioni spesso sono come rallentate, intorpidite, anestetizzate.
Non so se la storia si ripeta sempre due volte, la prima come tragedia e la seconda come farsa (cit.), certo è che il genere umano pare afflitto da un’evidente coazione a ripetere.
Gli italiani sentono il bisogno di emergere ed aggiungono una memoria storica paragonabile a quella del Commodore 64 nell’era di internet.

Durante il ventennio che si è appena concluso ognuno di noi ha immaginato e scritto la propria sceneggiatura-onirica del finale.
Ma nemmeno la più fervida immaginazione poteva arrivare a tanto.
Gli anni della Seconda Repubblica non erano semplicemente la svolta verso un regime, erano anche anni propedeutici.
Le riforme (un’entità astratta, forse miracolosa, ma che noi italiani abbiamo visto finora nella copia peggiore), dicevamo le riforme che non erano riuscite prima (l’abolizione dell’articolo 18, una giustizia più prona all’Esecutivo, una forma di Governo più autoritaria e servizi sociali sempre più carenti) si realizzeranno ora.
Prima queste proposte erano inquadrabili come deriva totalitaria, ora sembrano il naturale programma di una forza socialdemocratica che se le racconta ad una festa di partito fra lambrusco e gnocco fritto.
Se prima l’emanazione di una certa sinistra almeno si indignava (più nelle parole che nei fatti), ora gli stessi progetti li avvalla perinde ac cadaver con tanto di levata di scudi con chi osa dissentire (i soliti gufirosiconidisfattisti).
E i mezzi d’informazione non perdono l’atavico vizio (uno dei retaggi del fascismo) di lisciare il pelo al potente di turno.
E’ proprio vero quello che diceva un vecchio spot:con la dolcezza si ottiene tutto.
Oggi al MinCulPop bastano le slides, qualche Twit/Hashtag e le immancabili supercazzole (anche in inglese) per dissimulare le reali intenzioni ed edulcorare pillole decisamente amare e/o sgradevoli (dipende da dove sono ingerite).
Stiamo vivendo il classico caso in cui il metadone produrrà effetti più devastanti della droga assunta prima, di cui almeno si conoscevano gli effetti perniciosi.
Se dovessimo scielgliere una colonna sonora per la neonata Terza Repubblica potremmo mettere nel Juke Box (pardon, nell’em iPod) due canzoni di Giorgio Gaber: Il potere dei più buoni e Il Conformista, ritratti antropologici degli italiani.
Che si fanno ammaliare dall’arroganza travestita da decisionismo, dall’improvvisare confuso col fare, dall’illusione scambiata per rassicurazione.
Si accontentano del vanesio anziché esigere serietà e competenza.

Ci hanno insegnato, giustamente, a non dire le bugie.
Salvo rare eccezioni, avrebbero dovuto allenarci anche a riconoscerle.
Ci sono stati (e ci sono) tanti politici che a forza di raccontare balle e combinare altrettante malefatte ne hanno fatto il loro stilema, con il popolo bue a bere e digerire di tutto.
Mentre per decretare la fine politica di Antonio Di Pietro (non è immune da colpe, ma almeno aveva provato a portare la parola legalità in politica, difatti era isolato) è bastato un servizio televisivo (in parte smentito).
Gli esseri trinariciuti citati dal Guareschi nel primo dopoguerra si sono riprodotti in grande quantità.
In Italia, più che i sogni, ad avverarsi sembrano il Piano di Rinascita Democratica ed il papello di Riina.
Le promesse e gli slogan sembrano un pozzo senza fine da cui attingere per continuare a muovere le marionette-elettori.
Siccome non si interrompe un’emozione è bene che l’italiano continui ad inseguire le chimere della ripresa e della crescita.
Non diciamogli nemmeno che siamo da tempo in una ineluttabile fase di oblio che ci farà addirittura rimpiangere, fra qualche anno, i pur disastrati giorni nostri.

Asserivano i vecchi d’una volta (in dialetto)”Tùc i temp i venne basta star
(Sottotitoli della pag. 777 di Televideo: “Tutti i tempi vengono basta aspettare”).
Avevano ragione.