Francesine tutto pepe

17 Lug

In quegli anni erano le più ammirate ed ambite della loro classe.
Desiderate da molti, solo in pochi potevano toccare con mano.
Ricevendo tutta l’invidia che un giovane può possedere.
Ora, passati più o meno vent’anni, sono ancora più affascinanti di allora, con le rughe che accrescono un già strabordante sex appeal.
Sprigionano un sensualità mai filtrata e sono generose, sempre e comunque.
Conturbano ancora i coetanei e incuriosiscono le prime leve, perché sono iconiche come poche.
Si sono sempre truccate poco, ai fronzoli hanno preferito la sostanza e come tutte le primedonne al compromesso hanno sbattuto in faccia la loro coerenza.
Non si sono mai messe a dieta perché il physique du role è nel loro Dna.
La loro anima non si piega, figuriamoci se si spezza.
Sono francesi, ma con loro il problema della lingua è presto superato, hanno ben altri punti di contatto.
Le ho possedute entrambe (o forse sarebbe più corretto dire il contrario).
E per un gioco perverso desidero passare dall’una all’altra e – culmine della trasgressione – a non limitare il triangolo ad una forma geometrica, seguendo i dettami di quella canzone di Renato Zero.

Bonjour Madame, bonjuour Monsieur, a vous la Peugeot 205 GTI 1.9 et la Renault Clio Williams.
Derivavano da due utilitarie (le utilitarie di un tempo) ma erano costruite pensando alle corse, ai rally specialmente, ecco l’arcano.
E quando c’è la passione, nel mondo dell’automobile, sei a più di metà dell’opera.
Il loro morso inocula una passione di cui si diventa portatori sani.
Queste due vetture sono un parossismo reiterato, delle dispensatrici di libido a getto continuo.
D’altronde i motori hanno questo (non trascurabile) pregio.
Forse un pò insolenti, sicuramente sfrontate, pure sfacciate, a volte nervose: nove volte su dieci quelle così sono insopportabili.
Le due piccole bombe d’oltralpe invece meritano un rispetto sacrale.
Per essendo estreme mettono d’accordo tutti.
O perlomeno gli appassionati, quelli che amano affibiarle l’epiteto tamarre sarebbe meglio che guardassero da tutti e quattro i cantoni i loro Suv.
Quelli che le definiscono casse da morto pensino sempre ai loro Suv ed al loro comportamento sulla neve.
In un dizionario illustrato, la parola handling (che non ha una vera e propria traduzione in italiano) comparirebbe a fianco delle loro livree.
Macchine così non ne fanno più perché i sensi li coinvolgono tutti e cinque.
Sono dirette, come le emozioni che procurano e dotate di un magnetismo assente oggi.
E poi basse, rigide, scomode e con un abitacolo caldo: insomma, esattamente come dev’essere un auto prestazionale ad alto tasso di emozioni.
Sanno indossare il loro heritage corsaiolo, le possiamo accusare di tutto fuorché di nicodemismo.
Sono sul podio delle migliori trazioni anteriori di sempre, assieme ad una giapponese un pò sgraziata che si diverte a lambire i 9.000 giri.
Al netto delle supercar, l’anima e la passionalità delle vetture sportive si è fermata ai primi anni Novanta.
Oggi è richiesta una fruibilità ed una dose di comodità che le progenitrici potevano rifiutare (e lo facevano) in nome del piacere di guida.
Far sculettare, pardon, scodinzolare una berlinetta ora equivale ad un difetto passibile di onta, allora era una freccia al proprio arco.
I progettisti in quegli anni chiedevano spesso allo specchio delle loro brame se fosse meglio l’aspirato od il turbo.
Entrambe si iscrissero alla prima scuola di pensiero ma la scelta sembrò unire il meglio di tutte e due le soluzioni.
Quelli sono 277 cavalli veri (per fare un paragone oggi bisognerebbe usare un convertitore tarato intorno a 2) ed il termine assetto può essere speso nel senso più autentico del termine.
Osservando le loro proporzioni ci si rendo conto di quanto le auto d’oggi si siano ingigantite (di questo passo fra dieci anni gireremo con dei pulmini), costringendo i designer ad appesantire la linea per renderle cattive.

Il Millenove è selvatico, non fa nulla per nasconderlo.
Conquista per quello.
Ha fatto tabula rasa del sottosterzo (riappare solo sul bagnato), lapidato come nemico della sportività.
Trasuda cattiveria e trasmette un go kart feeling ante litteram.
L’assetto è talmente spinto che pur raggiungere il divertimento e l’efficacia si frequentano anche l’incoscienza ed il pericolo.
Se qualche costruttore si azzardasse a riproporlo su una vettura oggi in tanti si appellerebbero alla Convenzione di Ginevra.
Pensi di curvare ed ops, lo hai già fatto.
Il 205 quando ti vuole salutare lo fa dal di dietro, ed in qualsiasi momento.
Prima di diventare una nave scuola ti mette alla prova – la sportiva del leoncino – ma una volta entrati in sintonia con lei non vorresti più interrompere il sodalizio con questa autentica regina della strada.
Il motore – con un rumore riconoscibile anche da spento – è talmente elastico da farsi un baffo dei rapporti chilometrici.
Fa sudare mani, battere il cuore, il coinvolgimento totale è il suo modo di reclamare attenzione.
Qualsiasi viaggio diventa una battaglia fra l’ego del pilota e l’anima, mai completamente domabile, della macchina.
La certezza di terminare la curva te la da solo quando l’hai percorsa interamente.
Ma l’hai fatta così velocemente da esserne fiero.
Sono sette gli anni che la separano dal Clio, che fa (quasi) tutto un pò meglio.
Il Williams – altrettanto svelto – è iscritto pure lui in quel ristretto club del “Più giri lo sterzo, più volti”, è un pò meno ansiogena e ha i limiti spinti ancora oltre (e ce n’era già abbastasnza) con le stesse reazioni di una macchina da corsa.
Abiura la sua appartenenza alle quattro valvole per cilindro con una schiena robusta (in basso però la collega è meglio) per lanciare un urlo indiavolato in alto.
Ha la precisione chirurgica di una lama affilata, asseconda il tuo stile di guida – pulito o garibaldino che sia – senza fare la schizzinosa.
Il Willy è la compatta definitiva (cit.) la perfetta simbiosi fra il sanguigno ed il tecnologico, quando il secondo ha ormai tracimato nel settore.
In quelle gare dove ancora può correre (cioè quello che sa fare meglio) è quasi monotona ad arrivare sempre nei primi dieci.
Fra la pletora di soddisfazioni che quest’auto regala c’è anche quella di percorrere una rotonda in 5^ marcia.
Figuratevi le altre.

Dopo le prime riluttanze si diventa adepti della ruota alzata come way of life.
Queste due indefesse combattenti si guidano entrambe col culo (è uno dei migliori complimenti per un’automobile).
Per metterle alla frusta ci vuole il pelo sullo stomaco.
A farle andare a spasso sono capaci tutti e tutto sommato il trotto non dispiace nemmeno a loro, per farsi ammirare.
Ma per farle divertire veramente e renderle soddisfatte bisogna richiamare tutti i cavallini e metterli al galoppo.
E qui non bastano le parole.
Ma se siete a bordo della vostra moderna e tecnologica vettura in una strada di montagna, dall’alto dei vostri 300 cv, dei 5 set up selezionabili e di almeno 1.600 kg da portarvi appresso, e negli specchi scorgete la sagoma di queste due piccole pesti per evitare brutte figure accostate e fatele passare.
Così, per evitare delle brutte figure (oggi nell’era digitale qualcuno che gira un imbarazzante e compromettente video c’è sempre).
Potevate sempre dire che vi scappava la pipì.

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