Sono passati oltre vent’anni e non essendo più coinvolto in nessun conflitto di interessi lo posso ammettere candidamente.
Le piccole bombe degli anni Ottanta/Novanta erano delle casse da morto se finivano nelle mani sbagliate, ovvero il 97,20% di quelli che le possedevano.
E di queste meraviglie (anzi, delle due meraviglie delle meraviglie) ho scritto qui: http://shiatsu77.me/2015/07/17/francesine-tutto-pepe/.
Parimenti, dare in mano a dei sedicenni notoriamente maturi(s) degli arnesi a due ruote da quasi centottanta all’ora e con uno zero-cento coperto in poco più di sei secondi era un atto scriteriato, o di fede, a seconda dei punti di vista.
Ma necessario e di una giustizia infinita: ringraziamo che sia andata così.
Queste 125 rigorosamente due tempi invecchiando non si sono minimamente ingentilite e non hanno perso nemmeno una stilla della loro cattiveria, pertanto il loro morso inocula sempre lo stesso tipo di veleno al quale non sarà mai trovato un antidoto.
E’ giunta l’ora di parlare un pò di queste piccole motociclette che hanno un rapporto prestazioni/cilindrata imbattibile.
E non è l’unico pregio.
Il mio podio sono loro tre, ma è inutile cercare di stilare l’ordine preciso o rischierei seriamente di essere afflitto da un pericoloso tripolarismo.
Come si fa a nominare la vincitrice?
Andavano tutte e tre a balla di schioppo, se si discute di 3 km/h sulla punta massima o di qualche centesimo in accelerazione la situazione si è ridotta a questione di lana caprina.
O di tifo.
A condire le gesta di queste moto da corsa omologate c’erano storie di epiche sverniciate alla nemica di turno narrate al bar (raccontate fra ipotetiche avventure sessuali ancora meno credibili) o prove di complotti messi in piedi da quella rivista per favorire la rivale nel banco a rulli.
Tre stili diversi – tutti da urlo – e tre interpretazioni dello stesso pensiero filosofico.
Per il sacro rispetto che nutro verso di loro devo elencarle in rigoroso elenco alfabetico.
L’Aprilia, con l’AF1 e la successiva RS, è sempre stata la più raffinata, la più ricercata, sfruttando abilmente il palmarès sportivo della Casa veneta (con le GP dell’Aprilia hanno vinto tutti: sia i fenomeni sia piloti normali).
Quelli del marketing di Noale meriterebbero una laurea motoris causa per come riuscivano a creare un’atmosfera modaiolracing e ad infondere un senso di appartenenza nei confronti della marca.
Livree che (ri)uscivano solo a loro, cura del particolare, tecnica mirata alla prestazione: il forcellone a banana dell’Rs è un’opera d’arte.
La Cagiva Mito aveva il nome nel proprio destino e quella marcia in più rispetto alle concorrenti forse aveva un significato simbolico oltre ché tecnico.
E la Casa di Varese in quegli anni correva nella 500, do you know?
Pur compattissima, ammirandola c’era come la sensazione di avere a che fare con una moto di cilindrata superiore: colpa di quel geniaccio di Tamburini.
La Gilera, col trittico SP-Crono-GFR, era nell’immagine, nella sostanza e nel modo di comunicare tutte e due le cose un mix di essenzialità ed avanguardia.
Ai fronzoli rispondeva coi fatti ed emanava un fascino tutto suo, perché ogni bullone era funzionale alla sportività pura ma anche l’iconografia ringraziava questa assenza di compromessi.
Ogni volta che riguardo il doppio tappo del serbatoio ho la reazione pavloviana di mimare un’accelerata col polso destro (beh anche il rumore con la bocca, certo).
La summa delle 125 stradali per me sono queste tre italiane.
Non le adoro perché sono moto italiane, le adoro perché sono fantastiche moto italiane.
In quegli anni il know-how di casa nostra aveva raggiunto dei livelli sublimi e ad ogni stagione si superava un picco ritenuto l’acme assoluto solo l’anno prima.
Affari e guadagni, certo, il mercato allora tirava lì (farà presto a virare altrove) ma anche passione perché non dimentichiamo che a tutti gli effetti erano moto per i sedicenni neo-patentati.
Moderne e sofisticate tanto alla presentazione quanto ai giorni nostri, si stanno ancora divertendo a minare le certezze spazio temporali.
Lo so, qualcuno di voi preparato sull’argomento potrebbe far notare che c’è un’esclusa di lusso.
Verissimo, si chiama NSR e scusate se è poco.
Ma sarà che io a parte i capolavori (l’RC 30, la prima CBR 900) non ho mai sbavato dietro le Honda stradali (al contrario dell’off road), sarà perché andava meno del tris d’assi di casa nostra, sarà perché fra i suoi pregi c’era l’estrema affidabilità giapponese e non qualcosa di più sanguigno (niente contro le moto jap, ma a parlare di razionalità con quelle 125 si rischia di mettere in discussione la legge Basaglia), insomma, una delle pietre miliari della categoria io non riesco ad apprezzarla appieno.
Ho provato a farmela piacere ma al massimo sono arrivato alla stima, forse a qualcosina in più, ma la scintilla deve essere spontanea e con lei non è scattata.
Non scalfisce il podio (anche se arriva a vederlo da vicina), ma la TZR-R della Yamaha aveva le carte in regola per essere insignita dell’epiteto di “ignorante due tempi”, se non altro per una cosuccia chiamata Deltabox (sempre sia lodato) e per le colorazioni Marlboro che per me rimangono il più bel vestito per una sportiva.
E poi la baby di Iwata quando c’era da andare si toglieva dai coglioni molto rapidamente.
Avere un autentico purosangue e volerne declinare una versione di cilindrata inferiore non equivale ad un successo garantito.
Del syllogismus interruptus se ne accorsero alla Suzuki.
Va bene che i copia-incolla erano agli albori ma tanto era mitica l’RGV Gamma 250, quanto si dimostrò un brutto anatroccolo la sorellina ottavo di litro che ha lasciato nella categoria gli stessi rimpianti di Kluivert al Milan.
Di primo acchito se devo collegare la parola instant classic alle due ruote penso a queste 125 sportive.
Credo che si rivaluteranno (anche se le previsioni sulle storiche hanno la stessa valenza del pendolino di Maurizio Mosca), ma possederle prima di tutto significa avere dei mezzi che hanno segnato un’epoca.
Irripetibili, sia i mezzi, sia l’epoca.
E devo dire che pur essendo tutte sotto lo stesso tetto, le tre regine della categoria non hanno ancora questionato e non si sono graffiate le carene.
Ma forse solo perché i motori sono spenti.
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