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Condominio Italia

11 Giu

In una qualsiasi città d’Italia gli abitanti di un appartamento esternano tutto il loro malcontento per la gestione – ormai ultra-decennale – di un navigato amministratore condominiale.
Pressapochismo, problemi rimandati, scuse seriali, disservizi, spese lievitate inspiegabilmente, l’inefficienza entrata nel regolamento condominiale, estratti conti perennemente in affanno, la sensazione diffusa di vantaggi personali nella gestione di una cosa pubblica, la consapevolezza di essere manovrati da poteri infinitamente più forti.
Ecco per sommi capi cosa pensano gli inquilini della gestione del loro amministratore.
Peccato che la tanto agognata assemblea da possibile tappa rivoluzionaria si trasformi in un trionfo per il restauratore che da anni ha soverchiato la volontà popolar-condominiale.
Entrati da incendiari, i poveretti sono stati disinnescati dallo scafato mammasantissima delle palazzine e sono usciti mansueti come degli agnellini.
Un po’ male minore, un po’ unica soluzione, un po’ obtorto collo: semplice la ricetta dell’imbonitore et voilà, l’iconografia anche stavolta (l’ennesima) è stata ripulita e la poltrona mantenuta.

Sostituite agli inquilini gli elettori ed al manigoldo-amministratore i nostri politici e scoprirete che il risultato non cambia.
La situazione che stiamo vivendo non si è certo creata da sola, legittimare ancora quelle persone, quegli apparati (e quei poteri che rappresentano) sperando che risolvano i problemi che proprio loro hanno creato (con colpa o con dolo, scegliete voi) è un esercizio di puro masochismo.
Esistono delle perversioni decisamente più divertenti.
L’assenza di alternative (saper fare una buona opposizione non è sinonimo di saper anche governare) è solo una scusa che in mano alla vecchia partitocrazia diventa un mantra soporifero da spruzzare.
Basterebbe evitare di rieleggere questi professionisti del declino e le loro versioni edulcorate 2.0 (ovvero il simulacro del rinnovamento).
Non è difficile.
Gli italiani hanno uno strano rapporto col cambiamento, quasi avessero una margherita da sfogliare: o quello sbagliato o quello gattopardesco.
Prima scelgono il partito per cui votare poi – in funzione di esso – (s)ragionano di conseguenza.
L’onestà intellettuale ed il buonsenso chiederebbero il contrario.
E’ più faticoso informarsi e ragionare con la propria testa che tenere il loro atavico approccio dogmatico.
Ma qualche danno, forse, verrebbe evitato.

Indro Montanelli affermava che “In Italia a fare la dittatura non è tanto il dittatore, quanto la paura degli italiani e una certa smania di avere un padrone da servire”.
Un Marco Travaglio decisamente icastico ha aggiunto qualche anno più tardi “Quando uno si informa è molto più difficile prenderlo per il culo”.