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Dedicato a te/4

12 Lug

(Dedicato a te è un periodico sfogo, un balsamico travaso di bile che avrà per destinatari sia i massimi sistemi sia il particolare.
Lo stile sarà volutamente scarno, asciutto, anche volgare, gli approfondimenti ed i ricami cerco di metterli in altri lavori)

Compaiono appena dopo la morte, come gli avvoltoi.
Se ne servono, della morte.
Per riabilitarli tutti, quei morti.
Tutti.
Anche quelli che bisognerebbe stramaledire per l’eternità.
Sui deceduti anziché un lenzuolo bianco stendono una coltre di falsità, formalismi, buone maniere (quindi tutto fuorché buone) e banalità.
Loro non perdono tempo e leccano il culo quando è ancora caldo.

Non è vero che tutti devono essere lodati ed incensati: il rispetto e la stima vanno meritati.
Finché si è vivi.
E quando si muore non c’è un libera tutti che apre i cancelli dei finti sentimenti.
Loro invece lo fanno perché sperano di ricevere lo stesso trattamento dopo il trapasso (si chiama coda di paglia).
Lo fanno per continuare a comportarsi così.
Lo fanno per riabilitarsi pure loro, in anticipo ed in modo autoreferenziale.
Forse sarà per l’abitudine all’ipocrisia, o forse perché riabilitando gli altri credono di ripulire la propria coscienza incrostata, oppure per mostrare l’anima bella che non hanno, o anche perché durante un lutto il conformismo e le buone maniere pagano i punti doppi nella raccolta che a loro interessa.
Certo è che alla morte di qualcuno c’è una bella processione di cazzate, retorica e melassa.
Fingono di elargire rispetto, in realtà tracimano un capzioso ossequio.
Avendole imparate a memoria oramai ci credono anche loro alle giaculatorie che recitano, sempre più noiose, sempre più prevedibili, sempre più meschine.
Sono presenti in folte schiere fra persone influenti e di successo, fra politici, prelati, pennivendoli, semplici lacchè o aspiranti ancelle ed è un atteggiamento tanto spontaneo quanto indispensabile per la loro carriera.
Ma il fenomeno è endemico, esteso anche all’inosservata situazione della vulgata.
Sì, d’accordo, il cattolicesimo ci ha messo lo zampino con tutte quelle afflizioni e quei sensi di colpa che generano le religioni.
Come non è solo coccodrillite, è peggio.

La pietà per i morti è una cagata pazzesca, se uno in vita è stato uno stronzo non lo eleva certo la sua morte.
La morte in questo caso è solo da ringraziare di avercelo tolto dai coglioni, anche se spesso in ritardo.
La storia è un magnifico cammino costellato però di tante trappole, alcune messe proprio da questi mistificatori della realtà, da questi inventori di personaggi, da questi illusionisti di professione.
Un atteggiamento, il loro, che si può catalogare impunemente nel folto raccoglitore delle manipolazioni.
Possono anche a fare di peggio, i nostri prezzolati dell’epitaffio.
Quando, nella loro liturgia della menzogna, infangano uno spirito libero (o un fine e coraggioso pensatore, o qualcuno fuori dal coro e non allineato), riducendolo ad un personaggio leggermente sopra le righe.
Quasi caricaturale.
Un guascone, un burbero, un introverso.
Uno con un brutto carattere.
Ecco, se il defunto era veramente un ribelle antagonista o uno scomodo dissidente allora con la vigliacca locuzione “qualcuno sostiene che…” insinuano il dubbio della semi infermità mentale o della personalità problematica.
Parola d’ordine: renderlo un reietto e sconfessarlo, screditarlo.
Lui, il suo pensiero e chi gli stava vicino.
Diversamente – e deve farci capire quanto siano subdoli e viscidi – possono raccontare solo le virgole dell’esistenza del defunto, per deviare la sua immagine fino a farla accomodare nella scuderia giusta, quella che fa loro comodo o quella di cui loro sono a libro paga (e le due cose spesso coincidono).
Così da farlo rivoltare nella tomba per l’eternità, quel morto.
Oppure, sempre se fa comodo, col megafono della litania riescono a far diventare nazionalpopolare anche chi di piacere a tutti non gliene fregava di meno e faceva di tutto per provocare e dividere.
Eh, sono fatti così: col loro inesauribile opportunismo, si riempiono la bocca e si lustrano le mostrine con l’effigie del morto che magari li ha contestati fino al giorno prima.
Ma a loro non interessa, mica hanno il fardello della coscienza e dell’orgoglio.
Cazzo gliene frega, a loro!
Al cospetto di questo atteggiamento l’odio è un sentimento molto più nobile, spontaneo, non è artefatto, non ha secondi fini, non è il simulacro della bontà.
I bambini, avendo l’animo ancora refrattario a queste pantomime e il lobo frontale scarico di esperienze, gli direbbero
Il l’ho aggiunto io perché mi andava, non sgridate i bambini.
Dai piccoli mali – piccoli si fa per dire – nascono quelli grandi: il buonismo è il vestito della festa dei malvagi, un cavallo di troia, diffuso ma ancora efficace, per scardinare e circuire.

Per cui, quando capiterà a loro, non dovremo contraddirci.
Non ci sarà da comporre nessuna agiografia, ma solo la loro merdografia.