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Figli di troika

7 Ago

Per ovviare alla cronica incapacità dell’Italia a governarsi decentemente in tanti accolgono con favore, anzi caldeggiano, ipotesi di commissariamento esterno.
La prima parte è inconfutabile.
Siamo il Paese dell’illegalità endemica dove chi è responsabile dei disastri si autoproclama a nuovo salvatore della Patria per risolverli.
Ce ne sarebbe abbastanza per una tragedia in piena regola, ma la gente (mai abbastanza pudica) riesce a ri-votarli pure ed ecco che finisce in farsa.
La seconda invece si può incasellare tra i sofismi ed i paralogismi.
O uno è compiacente e si confà al disegno criminale sottostante o è come minimo disinformato (le due categorie possono anche coincidere).
Ce ne sarebbe una terza: quelli afflitti da un masochismo latente, ma le percentuali sono da prefisso telefonico.
Credere che queste entità astratte non elette da nessuno, in nome di un’altra entità astratta (il mercato), risolvano i nostri problemi riconducendoci sulla retta via, facendoci pure patire sacrifici da Moloch (“Redenzione!”) è un concetto che sconfessa definitivamente la Legge Basaglia.
“Ce lo chiede l’Europa” e “Ce lo chiedono i mercati” sono le giaculatorie del terzo millennio.

Perché se qualcuno in questi anni si fosse addormentato – o avesse letto solo i principali quotidiani nazionali, cioè la stessa cosa – è meglio fare un riassuntino: è in corso lo svilimento dell’essere umano dinanzi al soldo, un processo di mondializzazione che passa attraverso l’omologazione dell’intero genere umano con relativa cancellazione dei propri valori, tradizioni, abitudini e stili di vita.
In una parola, della storia.
L’identità di ognuno (con appresso i diritti inalienabili) è diluita, anzi sciolta, nel calderone del bieco liberismo tecnocratico.
E il consumismo diventa uno dei precetti di questa nuova ed ecumenica religione monoteista (Deus Pecunia).
Da anni Massimo Fini sostiene che “Non si produce per consumare, si consuma per produrre”.
Hanno infestato pure la semantica per raggiungere il loro scopo: termini rassicuranti, suadenti, pregni di positività in aggiunta ai soliti vocaboli inglesi.
Si scrive riforme, flessibilità e spending review ma si legge tagli, annullamento di tutele e diritti, ingiustizie e privazioni.
In questa realtà capovolta i riottosi a questo allineamento sono visti come dei gufi rosiconi, dei disfattisti, dei neo-conservatori e financo degli oscurantisti reazionari, che non hanno capito che il Mondo è cambiato, che ci sono nuove opportunità, bla, bla, bla.
Ecco, molto prosaicamente e parafrasando il Renato Pozzetto de La patata bollente, se posso esprimermi con parole mie devo dire che queste nuove opportunità ci hanno proprio rotto il cazzo.
E’ l’evoluzione della strategia della tensione: allora si agitava lo spettro dello stato di emergenza, oggi quello dello spread.
In Italia non abbiamo mai avuto un bel rapporto con la sovranità, politica od economica che sia.
Capita con chi si conosce solo di vista.
Moriremo democristiani e di vincolo esterno.
A livello europeo, occorre dirlo, un abbozzo di difesa a questo abominio (almeno a parole) giunge più dalle formazioni della destra sociale che da quelle della sinistra radicale, ovvero di ciò che è rimasto della sinistra.
Quei temi però, in mano a certe forze politiche con una certa storia alle spalle, rischiano di diventare clavi per l’antico vizietto all’autoritarismo.
Il rigetto del liberismo 2.0 e la difesa incondizionata alla propria sovranità dovrebbero essere i capisaldi ed i mantra di qualsiasi forza politica che si definisca popolare, cioè vicina al popolo.
Per vederle invece accostate a forze socialiste bisogna andare solo in Sud America, al che i dubbi se ancora valga la pena farsi stereotipare in destra e sinistra aumentano.

E’ vero che la storia è sempre stata fatta dalle élite e mai dal popolo, ma quest’ultimo sembra che faccia di tutto per giocare un ruolo marginale – se non passivo – nelle partite che lo riguardano.
Diventando correo del proprio omicidio.