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Trasgressivi alle vongole veraci

1 Lug

Passava di lì ed erano riusciti a strappargli un sorriso. Non avevano fatto niente che sarebbe finito sui libri di storia e/o di sociologia, eh, però vedere dei ragazzi interagire fra loro senza scancherare col cellulare per oltre sei minuti consecutivi e per di più intenti a parlare di musica, beh, gli aveva regalato una bella sensazione. Certo, si esprimevano in un linguaggio veramente merdoso con dei termini da cerebrolesi che ogni volta che ne sentiva uno scattava automatico un “T’an po mia” (Non puoi mica, nda) preceduto da una bestemmia. La bestemmia cambiava ogni volta, il “T’an po mia” invece no. (Fungere da rafforzativo è una delle varie funzioni della bestemmia, sempre che sia usata correttamente. Potrebbe uscire qualcosa al riguardo, non è escluso). Poi, con una prosopopea inversamente proporzionale alla carta d’identità ed un tasso di fanatismo allineato alla società che li ospita, sparavano sentenze tipo Cassazione a sezioni unite su come la musica fosse un fenomeno nato dopo gli anni Duemila, o quasi. Sentenze alla cazzo di cane, quindi. Per la portata delle loro tesi sembravano un misto fra i nazisti dell’Illinois e un movimento a caso della “sinistra” fucsia e arcobaleno.

Al netto di queste premesse e nonostante le nuove leve gli stessero mediamente in cima alle palle, spesso ricordava a se stesso che una delle peggiori generazioni era proprio la sua (presenti ed amici stretti esclusi). E come uno che aveva la pezza da attaccare in canna, rallentò il passo e senza che si diano troppe spiegazioni sul come, era lì pronto a dire la sua. Che poi le spiegazioni si possono anche dare: il tempo trascorso nei bar della montagna negli anni Novanta qualcosa aveva insegnato.

” Ragazzi, ma sono in ritardo di quaranta/cinquant’anni con sti atteggiamenti qua, tutta roba già vista…”

” Il compito dell’artista, del musicista, è liberare la propria personalità, fissare nuovi parametri, mettere in discussione tutte le strutture che infatti scricchiolano, alzare l’asticella, possono dare fastidio, ma non siamo più nel Novecento”, rispose tranquillo, ma convinto, uno del gruppo, visibilmente soddisfatto della risposta “matura” data al dirimpettaio maturo (stavolta senza le virgolette).

” Non siamo più nel Novecento, ma la versione originale di queste provocazioni si è vista proprio nel Novecento”

” Eh se…”

” Adesso la chiamano sessualità fluida, giusto? (accompagnato da un eloqunte gesto con le mani come dire “Du palle!”) ed è uno dei termini che ormai propinano anche nelle mense scolastiche, un trasgressivo-istituzionale….Mai sentito parlare di David Bowie? Ecco, magari prima ascoltate un po’ di cose sue, poi andate a rivedere il suo estetismo ambiguo, potente, magnetico, raffinato. Erano gli anni Settanta e lui è stato uno dei primi…”

” Beh, va bene, adesso qualcuno si sarà un po’ ispirato a lui, è normale prendere qualche spunto, no?”, intervenne uno alto e secco.

” No, lo han copiato, pari pari, e pure male. Io non lo so se a Bowie piacesse la figa e anche il cazzo, se la sua era una battaglia di libertà, un desiderio di provocazione, una mossa commerciale o tutte le cose assieme, ma gli va dato atto di essere stato un precursore, e io non sono un fanatico delle ostentazioni sessuali. A questi di oggi magari piace sia la figa che il cazzo, ma perché gli han detto che è il modo più rapido per far parlare di sè…”

” Non è che sei un po’ bigotto?”

“E bacchettone?” aggiunse a rimorchio il primo che era intervenuto.

” Ecco, pure del bigotto, a me…A proposito di bigotti, nell’Italia degli anni Settanta di bigotti ce n’erano per davvero – oddio, ce ne sono sempre troppi di quelli – e serviva un certo coraggio per presentarsi sul palco come faceva Renato Zero, con le sue tutine, le mosse istrioniche, gli ammiccamenti, le allusioni, gli sdoganamenti. Le prime volte lo perculavano, ma bastava ascoltarlo e anche l’ala oltranzista della Santa Inquisizione ammetteva che musicalmente era una bomba, o forse non lo ammettevano proprio perché erano della Santa Inquisizione, ma le sue canzoni le canticchiavano anche loro e magari ci si ritrovavano pure, sti trucidi…Per fare un paragone con uno di oggi, Achille Lauro vive di colpi di scena, glieli chiedono, sempre di più, ma dietro quelle impalcature e quei trucchi da Cinecittà, di musica se ne respira poca”

” Paragoni epoche differenti, oggi c’è più coraggio e in tanti compiono atti che prima intimidavano”

” A me sembra più una ribellione codificata, una trasgressione indotta e costruita a tavolino, figlia del Pensiero Unico liberal progressista che ci vuole tutti ibridi, come le macchine, né carne né pesce, una sorta di veganesimo antropologico, toh, una massa molliccia ed inerme senza identità propria che, vanesia, si fregia di inutili libertà ed è convinta di poter fare il casino che vuole, peccato che lo spartito l’abbia scritto qualcun altro. Si atteggiano da ribelli, ma sono degli adepti del nicodemismo. Oltretutto quando la provocazione è teleguidata escono degli album di plastica, artefatti, vuoti, speculari alla società capitalistica occidentale. Sulle note di un brano di Elio e le Sorie Tese sembra che cantino <Siamo tutti servi della Nato…>”

” Ah, quindi per te i temi LGBT, dell’identità di genere e di tutte le forme di discriminazione non esistono ed un artista non dovrebbe esternare le proprie opinioni?” disse una ragazza dall’aspetto intrigante nonostante una frangetta da denuncia per crimini contro le acconciature e l’umanità.

” Le minoranze dovrebbero sempre essere tutelate, solo che oggi il turbo-liberismo vuole che siano la regola e discrimina chi non ne fa parte, utilizza questi temi civili solo per togliere quelli sociali e per rincoglionire per bene la testolina e per stringere la vera libertà. Pasolini lo aveva capito già durante il Sessantotto, la maggior parte non lo capirà manco fra altri 68 anni. D’altronde lui era un genio. Sono i temi calati dall’alto dal Potere, quindi non è ribellione, e quegli artisti sono servi. Per me non sono neanche artisti”

“Ma un artista potrà ben fare quello che gli pare???” e stavolta più che intrigante era proprio incazzata.

” Mica posso impedirglielo, l’artista ha tutto il diritto di diventare l’aedo del sistema dominate, io ho il diritto di contestarlo e dire che lo detesto. Il sistema e anche lo pesudo artista. Poi anche i gesti vanno interpretati, contestualizzati, criticati. Prendi quella cantante metal che ha fatto sdraiare sul palco un fan del pubblico e poi gli ha pisciato in faccia… “

” Oh, quella è roba strong anche per me raga, però mica tutti avrebbero il coraggio di farlo”

” Anche lì, mossa figa se vuoi – notate il gioco di parole, ah ah ah!!! – peccato che quarant’anni fa ci fu chi cagò sul palco e penso venne arrestato, e altri fecero anche schifezze peggiori. Un atto sovversivo in ritardo perde di valore, diventa una triste massificazione. Tra l’altro, non c’entra niente, ma questo aneddoto della pisciata mi ha fatto venire in mente quella volta che ero a far visitare mio figlio e ad un certo punto il pediatra rispose ad una telefonata di una mamma che gli chiedeva da dove uscisse l’urina della figlia! Il pediatra gli disse che la mamma e la figlia pisciavano allo stesso identico modo, sempre da lì”

” No dai, come fai a chiedere una cosa così, out a vita!” commentò la tipa con la frangetta rasserenatasi un po’.

” Pensa a quando la figlia inizierà ad avere le sue cose…”

“Usciranno nuove teorie ginecologiche!”

“Sai cos’è il coraggio? Non è farla vedere sul palco o lasciare un ricordino organico , per quello basta un beriago. Il coraggio è scrivere, nel pieno degli anni impegnati, da te, artista impegnato e schierato, un album altamente provocatorio proprio verso il tuo pubblico (di impegnati) e svelarlo a loro dal vivo, a teatro, dicendogli in faccia che non solo ti hanno stufato, ma ti fanno proprio schifo e che non vuoi avere più nulla a che fare con della gente così. Che erano poi i padri putativi di questi pseudo intellettuali chierici di sinistra la cui massima battaglia è il bagno indipendente per i transgender. Il coraggio è quello che ebbe Giorgio Gaber – è di lui che sto parlando – a sciabordare delle frasi violente che riuscivano solo a lui quando era indignato, incazzato e nauseato. E il pubblico degli impegnati, il suo pubblico, non la prese bene…Ma, vedi, invece il problema di queste trasgressioni alle vongole veraci è che spesso nascondono una qualità inesistente, l’impegno l’han messo tutto in queste amenità… non mi viene il termine, amenità contemporanee. Bowie e Zero che vi ho citato prima erano teatrali a bestia ma musicalmente erano dei fenomeni. La qualità nella musica esce dal talento e dall’ispirazione: oggi l’ispirazione gliela confezionano quei fiji de na mignotta dell’Ufficio Comunicazione e Marketing ed il talento per capire chi possa andare avanti lo misurano con la stadera dei talent, solo che la musica non nasce in televisione, ma per strada, nei bar, nelle cantine, nei club, è un’altra cosa. Comunque è giusto che voi ascoltiate la musica del vostro tempo e seguiate questi artisti, non dimenticate però ciò che c’è stato prima, vi si apriranno dei Mondi”

“Vuoi dire che ai tuoi tempi la musica era migliore e gli artisti tutti integerrimi e spontanei?” buttò lì una tipa che probabilmente aveva imparato il giorno prima il termine integerrimo ed era quindi impaziente di utilizzarlo davanti ad un matusa, ma che con la sua domanda aveva innalzato il livello della discussione.

” La musica sicuramente sì! E ve lo dice uno che di musica di merda ne ha ascoltata parecchia, ai tempi. Ma anche di bella, e quanta ne sto ancora scoprendo! All’estero ci sono delle cose piacevolissime anche adesso, fatte bene per davvero, magari non inventano niente di nuovo ma chi se ne frega, miscelano trenta/quarant’anni di generi alla grande, mentre in Italia la situazione è raccapricciante, anzi molto peggio, perlomeno nella roba mainstream, in quella di nicchia non so, non ho abbastanza tempo. Invece gli artisti dei miei tempi….” e l’ultima frase si rivelò peggio di un lifting da quanto avesse modificato la sua espressione.

“Invece…” accompagnò la tipa con un occhietto furbo di chi aveva nasato aria di abiura.

“Sugli artisti fino a qualche anno fa lo pensavo, che fossero integerrimi, ne ero convinto, ora no. Guccini parla delle primarie del partrito più liberista e a destra d’Italia, Pelù che fa da megafono alla Gretina e combatte contro il gas russo, Bruce Springsteen e i Green Day che inorridiscono solo quando il presidente americano è un repubblicano, a targhe alterne, Bono che…va beh, Bono è l’industrializzazione estrema dell’artista impegnato e buonista al servizio del sistema di comando, serve solo a confermare i dubbi su quelle organizzazioni di filantropi. E l’elenco sarebbe lungo, come la mia delusione. Forse l’unico rimasto credibile è Roger Waters, uno con le palle per criticare anche gli intoccabili, infatti spesso lo dipingono come complottista e paranoico”

” Oltre i quarant’anni diventi vecchio e ci sta cambiare idea” sentenziò col sorriso uno che finora era rimasto nelle retrovie, anche perché così poteva guardare il culo alla tipa e non la sua frangetta.

” Alla tua età avevo i parametri sportivi per definire la giovinezza e la vecchiaia. Fino a 25 giovane, a 30 maturo, a 35 da pensione, dai 40 da dentiera…Può essere quello che dici, ed anche il successo in un certo senso è calmierante, che se ci pensi è un assurdo, un controsenso, hai soldi e fama e potresti dire a fare quello che vuoi invece no, ti allinei per restare a galla e ingrossi le fila di quello che tira di più. Oggi sono in tanti ad essere talmente allineati che riesci solo a scorgere il primo della fila. Meglio, tra l’altro, così ne vedi uno solo. Oppure mentivano anche prima e lo facevano da furbi”

” Sei disilluso?”

“Un casino, però mi è servito per imparare che occorre dividere l’artista dal suo prodotto, il messaggio dal suo comportamento, la musica è totalizzante, noi dobbiamo discernere. Resta il fatto che fino agli anni Novanta le cose prodotte creavano comunque cultura, avevano dei contenuti, stimolavano pensatori e contestatori, ti formavi in tutti i sensi. Poi ovvio, hanno formato anche delle grandi teste di cazzo…

“Oh vecchio – no, cioè, vecchio è un modo di dire eh…- ti stai contraddicendo, prima ci dici che la vecchia musica era la più bella del Mondo e poi che quegli artisti ti hanno deluso…”

“Un percorso artistico completo quindi! Uno dei problemi è il diverso rapporto col periodo storico di riferimento, oggi si pensa di influenzarlo, di indirizzarlo, ma lo si subisce come un armadio che ti cade addosso mentre sei sdraiato sul letto, manca la curiosità, sia a scovare qualcosa nell’immediato per stupire, sia a rievocare dal passato, a prendere spunto, non si attinge e non si semina, è in atto un cesoiamento storico”

“Ma se adesso anche in Italia abbiamo finalmente una grande rock band…” replicò il ggiovane pensando di aver fatto scacco matto.

“Bravo, hai fatto proprio l’esempio giusto! A certi gruppi rock italiani i Maneskin non potrebbero neanche andare a pulire le chitarre o asciugare il sudore dalla fronte. L’elenco è lungo una cinquantina d’anni, ma a questi prezzolati addetti ai lavori il rock italiano è apparso adesso, come una folgorazione, tipo la Madonna a Brosio o della macelleria sociale ad un tecnocrate liberista”

“Però scusa, parli di musica, probabilmente ne saprai anche, ma ci butti sempre dentro collegamenti con la politica e roba simile…” e l’espressione corrugata non riuscì a celare il suo disorientamento.

“E’ proprio quello che vogliono, rendere la musica un monolite, un format, come dicono oggi, da utilizzare in Mp3 per andare a correre o per l’aperitivo in piscina, estraniando tutte le sfaccettature che rendono la musica una delle forme artistiche e culturali più complete. I ragazzi come voi devono staccarsi da queste matrici imposte, noi non lo abbiamo fatto, la mia generazione più si è tatuata più si è alienata. Siete ancora in tempo, ma dovete fare inversione adesso se no finirete nel burrone della lobotomizzazione. La musica può salvarvi. Ma la musica vera”

Quando è moda è moda

26 Gen

Ah, non c’è più la società di una volta.
Viviamo di complicazioni nella complicazione.
In tutto.
Anche nel fare gli anticonformisti e i dissidenti.
Che nostalgia per i periodi in cui bastava difendere i propri diritti prendendosi (quando andava bene) delle manganellate (ops quello succede anche oggi…), oppure contestare l’autorità costituita(si), portare i capelli lunghi, magari leggere libri impegnati o ascoltare la “musica del demonio”, ripugnare le guerre (tutte) o anche solo sfanculare allegramente i soloni della Restaurazione.
Riassumendo: rigettare una società (quella esistente) che voleva soffocarne un altra (quella sperata).
Ma oggi anche il contestatore ha perduto il posto fisso.

Partiamo col dire che, contro ogni pronostico, fra quelle due società ha vinto la prima.
Ma ha fatto credere il contrario.
Perché furbescamente ha lasciato delle valvole di sfogo (il simulacro della libertà) che non solo le fanno il solletico ma addirittura la fortificano (per forza, ha deciso lei).
Cosi l’homus quasi libero sublima la mancanza di libertà con la trasgressione, sessuale in primis.
Siamo passati dalla sessuofobia e dall’esigenza di liberare cliché bacchetton-clericali all’ostentare obbligatoriamente tutto con paradigmi che più che all’eros strizzano l’occhio al marketing.
Provare l’estremo per scoprire cosa c’è oltre, ma sempre a comando e dietro l’imbeccata del Pensiero Unico (http://shiatsu77.me/2014/11/10/il-manifesto-del-pensiero-unico/).
Ripiegare spesso è peggio che desistere.
Ecco allora alzare la bandiera bianca sulle battaglie vere – quelle troppo difficili da combattere – e sublimarle con accanimenti contro presunti e desueti simboli della società che fu.
Tipo la famiglia (tradizionale e non), un’organizzazione da superare.
O perlomeno da raddoppiare.
Fateci caso a quanti spot televisivi amino ricordarci di come sia stimolante e divertente – ma pure conveniente (sic) – avere quelle tre o quattro famiglie.
I diritti sono una cosa seria, le esagerazioni perniciose un altra (http://shiatsu77.me/2013/10/18/mamma-ho-perso-il-papa/).
Pasolini – dato che era un genio e non certo un bigotto – lo aveva capito più di quarant’anni fa, individuando anche il mandante (che coincide col vincitore): il Sig. Consumismo (semper lu).

Siamo ciò che leggiamo.
Ma anche ciò che vogliamo (e possiamo) capire dalla lettura.
Non ti puoi attaccare alla libertà di opinione se nel migliore dei casi sostieni l’importanza di avere un cesso chimico nel salotto od esalti gli effetti della soda caustica usata regolarmente al posto del detergente intimo (gli esempi erano volutamente più seri di quelli reali).
E poi ci sono loro, quelli che parlano (ed ormai cagano) solo per citazioni che manco capiscono.
A questi parvenu della cultura per la legge del contrappasso è’ obbligatorio rispondere parafrasando qualcun’altro: “Tu sai recitare i classici a memoria/Ma non distingui il ramo dalla foglia/Pigro” (è Ivan Graziani).
Si passa ai qualunquisti (nella sua accezione più negativa), che sono giustamente indignati per il momento che stiamo vivendo ma (colpevolmente) disinformati sulle cause che hanno portato a ciò.
Buone le intenzioni ma pessimo (o quasi) il risultato.
Anziché allargare il campo lo restringono, conoscono solo un 11 settembre, la P2 per loro è un gioco della Wii, la marcia dei quarantamila è una disciplina olimpica e il Piano Solo una forma di onanismo in voga sul web.
Quando sono incalzati utilizzano delle argomentazioni consistenti come un biscotto Plasmon nel thè caldo.
Capisci perché sperare nella Rivoluzione è utopia.

Vi dice niente “Qualcuno era comunista perché se eri contro eri comunista”? (GG dixit)
Qualcosa non deve aver funzionato a dovere, perché da quella parte o tutti gli interpreti sono andati puntualmente fuori tema (A.A.A. esegeta cercasi disperatamente) – rigettando il verbo attratti dalle sirene del potere – o ha ragione chi asserisce che la stessa ideologia è macchiata da un peccato originale essendo il rovescio della medaglia del capitale, mirando il progetto a sostituire gli attori e non il copione.
Da allora hanno difeso quasi tutti, fuorché gli onesti.
E difendono ancora gente che quando va bene meriterebbe delle cavicchiate.
Alternativi non per vocazione, ma per tornaconto.
Per autoassoluzione.
E per noia:che cazzo faccio oggi?
Ma sì, il bastian contrario!
Un vecchio detto emiliano recitava "I cumpagn: ien cumpagn a chiatre“.
Come nelle autovetture d’antan il listino offre a richiesta la versione L, Lusso.
Signove signovi ecco a voi i Radical chic, inutili ammassi di evve moscia che divulgano le proprietà mediche del caviale della Manciuria, idolatrano i nomadi della Steppa che involontariamente sono stati gli antesignani del biologico e recensiscono gli artisti che compongono statue con oggetti che sono stati a contatto coi fluidi del corpo umano (cotton fioc, fazzoletti, carta igienica, assorbenti).
Si nutrono di sincretismo, vanno in brodo di giuggiole per l’etnico, tanto che mangerebbero anche una merda se provenisse dall’emisfero australe.
Sono talmente contrari alla globalizzazione che hanno assunto a loro modello Steve Jobbs (la mela morsicata fa molto peccato originale) e qualcuno di loro ha confuso la ribellione col Carnevale (capita a chi non ha un cazzo da fare tutto il giorno) arrivando pure a sostenere Bush (e non era Kate).
Una branca particolarmente pruriginosa si vanta di nutrirsi solo con radici, alghe e bacche salvo poi azzannare una bistecca direttamente dalle mani ed affondare anche la coscienza in un barattolo di proletaria Nutella quando l’ultimo ospite ha lasciato la terrazza imperiale.
Non basta più definirli i conformisti degli anticonformisti, perché sono semplicemente degli idioti.
Freud avrebbe pagato oro per essere un loro coetaneo.
Pentendosene.
Devono essere parenti alla lontana coi figli di papà dei centri sociali, talmente à la gauche che sono un’applicazione pratica del fascismo.
La numerosa famiglia accoglie anche le sempre utili e mai fastidiose veterofemministe, quelle per cui il problema delle donne è chi cucina nelle pubblicità del Mulino Bianco.
Viene il dubbio che l’eziologia con loro sia tempo sprecato.
Bene, brave, bis.

E’ difficile dire se lo facciano solo per farsi notare o se ci credano veramente.
Perché gli animalisti filantropi ricordano il vecchio Arnold: una ne pensano, cento ne fanno.
Fosse per loro l’epiteto “Porco cane” andrebbe punito con la reclusione, si incatenerebbero per protestare contro l’impossibilità dei felini di intestarsi beni immobili.
E’ proprio illiberale un Paese che non permette ad un gatto di avere la propria casa, già…
A tempo perso – fra un balsamo al coniglio nano ed un corso di inglese alla capretta che tengono in casa – raccolgono firme per i Pacs dei pappagalli ed avvolgono il Chihuahua con una termocoperta da F1 ovviamente firmata per poterla pagare a peso d’oro.
L’uomo ha sempre vissuto a fianco degli animali e chi non li rispetta non può essere una brava persona.
Le bestie danno tanto, ad alcune di esse manca davvero soltanto la parola (anche a certe persone a dire il vero).
Ma sono bestie, tentare di umanizzarle è crudele.
Tentare di umanizzare i loro padroni invece è antropologicamente inutile.

Una prece a tutti questi supereroi di se stessi: per una volta fate qualcosa che vi distingua veramente.
Mai sentito parlare di TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio)?