Semplicemente Ayrton/Genesi di una stella

26 Lug

Quattro anni del blog ed un solo articolo su di LUI, questo https://shiatsu77.me/2014/08/28/oltre-il-mito-oltre-la-leggenda/.
Non ho spiegazioni, solo un pò di vergogna ed un rimedio: la rubrica Semplicemente Ayrton.

Sì, sono d’accordo con voi, paragonare fra loro dei piloti di epoche differenti può risultare tanto fuorviante quanto infantile.
Difatti i confronti sono spesso appannaggio delle trasmissioni sportive e delle riviste specializzate.
L’importante però è sapere che a metà degli Anni Ottanta le Formula Uno erano degli allegri mostri i cui motori turbo (integralisti interpreti della modalità “O tutto o niente”) superavano abbondantemente i mille cavalli.
I 1.000 cavalli, se vi fa più effetto.
Tutti violentissimi, dal primo all’ultima stilla.
Il controllo della trazione era un orpello riservato ai film di fantascienza, le gomme invece erano rigorosamente quelle di trent’anni fa.
Dei giornalisti chiesero, in momenti diversi, a due ingegneri (rispettivamente della BMW e dell’Honda) se veramente nelle qualifiche le potenze dei motori arrivassero a 1.500 cavalli.
La domanda era retorica, le risposte identiche e comicamente disarmanti nella loro appassionata sincerità “Ah, può essere…Solo che il nostro banco a rulli ne misura solo fino a 1.300, di cavalli…”
Per guidarle non bastava la vocazione del pilota, servivano anche tracce di eroismo.
Giusto per contestualizzare.

Nessun romanziere, sceneggiatore o regista avrebbe potuto inventarsi una storia così perfetta per raccontare la genesi di una stella come quella che il destino fece vivere il 3 giugno 1984 ad Ayrton Senna da Silva.
Tutto era al posto giusto, sincronizzato, in una inappuntabile successione: l’ambientazione, le condizioni, il contesto, il rivale e gli strascichi.
Tutti prodromi di quello che avverrà da lì in avanti.
Cerchi che si apriranno, si ingrandiranno, si chiuderanno per incrociarne altri e poi ripartire di nuovo in un tourbillon veloce come le monoposto.
Sono le corse, una parentesi della vita.
Gli eventi sono casuali solo per chi non vuole vederci nulla di più.

Torniamoci, a quel giorno.
Non ve l’ho detto, siamo nel circuito cittadino di Montecarlo e sul Principato dal mattino si è abbattuto un forte temporale.
Acquazzone che non si interromperà per tutta la gara.
I piloti sono consci dei rischi che corrono e si percepisce: preoccupati, tesi, nessuno ha voglia di aggiungere del rischio ad un Gp che ne possiede in abbondanza di suo già in condizioni di asciutto, figuriamoci in questa risaia.
Ed infatti nonostante i piloti seguano pedissequamente le raccomandazioni della mamma (corri, ma non troppo) ogni tanto qualcuno viene inesorabilmente falcidiato dall’acqua.
Chi da solo (ad esempio Mansell e Lauda), chi in compagnia (Warwick, De Cesaris e Tambay).
Dalle retrovie si fa sempre più notare il giovane Senna.
Un esordio in Formula Uno vale anche la sua modesta Toleman.
Nei primi cinque Gran Premi due buonissimi sesti posti per il promettente ragazzo di San Paolo.
Incurante (e non potrebbe fare diversamente) del mezzo che sta guidando Senna getta sul Mondiale di Formula Uno tutto il suo impeto e la sua voglia di emergere.
Seconda sola alla sua velocità fra i cordoli.
Ayrton sul bagnato è già un fenomeno e dopo qualche giro a remare nella pista capisce che in quelle condizioni l’auto deve essere il più guidabile possibile, la potenza (anche se la Toleman non esagera…) in condizioni simili è più dannosa che inutile.
Cosa fa?
Abbassa al minimo la pressione del turbo poi tutto viene da sè perché il limite per alcuni piloti è una chimera irraggiungibile, mentre per lui un obiettivo, un compagno di vita ed uno stimolo.
Inizia a girare in tempi fantastici, tant’è che non impiega molto a giungere fino al secondo posto a meno di due secondi dal capofila Alain Prost.
Il ventiquattrenne brasiliano assomiglia ad una belva che sta per azzannare la sua preda,niente di personale (per il momento), solo istinto.
E vista la differenza di passo fra i due il sorpasso sembra solo questione di giri.
Ma non arriva.
Perché i commissari al 32° giro espongono la bandiera rossa (giustamente?,favorendo Prost?) e gara finita con quelle posizioni: vince il francese ed il rookie Senna è secondo.
Il brasiliano si sbraccia come un tarantolato, forse esulta per l’insperato risultato, forse è incavolato perché fiutava la possibilità di salire sul gradino più alto del podio.
Delle due decisamente la seconda.
“Qui si parla francese ed è meglio che vinca un francese.” dirà il pilota della Toleman a fine gara.
La voglia di vincere si scontra da subito con le gerarchie e le leggi della politicissima Formula Uno.
Sarà la prima di una lunga serie, uno dei suoi tanti stilemi.
Senna è un predestinato, e il fato – per eccesso di zelo – ha voluto dargli un’ulteriore conferma in una sorta di caccia al tesoro dove probabilmente la mancata vittoria rientra nel disegno: per mostrargli che nelle gare essere il più forte non sempre basta, o comunque non basterà sempre a lui.
Ecco perché le sue vittorie non saranno mai vittorie normali (per quanto possa essere normale una vittoria).
Senna lo sapeva già, ed ora il Mondo intero: è nata una stella.
E da quel giorno lo capiranno anche gli avversari.

 

 

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