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Il Maestro boemo

6 Ago

“All’ombra dell’ultimo sole, s’era assopito un pescatore e aveva un solco lungo il viso, come una specie di sorriso”.
Il pescatore è boemo, sbarcato a Palermo per poi girare tutta l’Italia – e non solo – come un apolide.
All’anagrafe fa Zdenek Zeman.

Ammiro quest’uomo dalla 1^ giornata del campionato 1991/92.
Il suo Foggia esordisce in A a S.Siro contro l’Inter di Corrado Orrico (quella del WM, dei tanti proclami, sappiamo come è finita…) e pareggia 1-1 giocando in modo sfrontato, irriverente, spettacolare.
Non fu un caso, sarà sempre così.
E per questo – e non solo – che Zeman o lo ami o lo odi: una delle tanti costanti di tutta la sua carriera.
Il boemo è un’antidoto contro il compromesso, contro l’ipocrisia, contro la noia.
In un dizionario illustrato la sua foto comparirebbe accanto alle parole idea, coerenza, coraggio.
Legatissimo ai propri ideali che tante volte lo han fatto soffrire nella carriera, ma senza i quali non sarebbe se stesso.

Bello veder giocare le sue squadre ma anche sentirlo parlare.
Concetti in formato bignami (Zdenek centellina le parole) ma con dei contenuti filosofici, semplici e lineari per questo invisi a tanti, preceduti da quella tipica espressione della bocca che lascia presagire qualcosa di buono.
Il “Io faccio calcio, Moggi no” è la sintesi di tutto questo.
Il passo del Vangelo “Si si, no no, il di più vien dal maligno” esprime bene il suo essere.
Una cosa è giusta o sbagliata, lecita o vietata.
Come tutte le cose impermeabili alla razionalità Zeman riesce a dividere anche sui fatti tangibili, misurabili.
Non ha mai vinto niente, è la litalia dei suoi detrattori.
Come se salvare più volte il Foggia (l’ultimo anno con una squadra imbarazzante), sfornare – anzi inventare – un paio di campioni all’anno, salvare il Lecce (dove sulla fascia giocava Erminio Rullo…) e far promuovere il Pescara in A fossero delle imprese meno epiche.
Solo chi vince può parlare?Per la cronaca lo scudetto in Italia lo hanno vinto anche Ottavio Bianchi ed Albertino Bigon…
Dopo ogni intossicata dal Dio pallone (frequenti come le crisi delle Borse) la gente riscopre Zemanlandia, si ri-stupisce dei gradoni (“I miei metodi non hanno mai ammazzato nessuno”, “C’è della gente che va a correre gratis”), sorride sulle troppe sigarette fumate.
Ma come dice lui “Faccio lo stesso tipo di gioco da 30 anni…”
Troppo avanti agli esordi, troppo avanti ancora oggi in un mondo – quello del calcio – che è uno specchio della società all’ennesima potenza.
Dato che non sarà mai il suo tempo noi siamo con lui.

Piccole stelle senza campo

1 Ago

Come sono lontani i tempi in cui chi veniva beccato in castagna si vergognava, spariva,  aveva il buon gusto di tacere, di non farsi più vedere e pagava in silenzio le proprie colpe. Durante tangentopoli qualche politico dalla vergogna si è tolto la vita.
Poi è arrivato qualcuno(Craxi Benedetto detto Bettino) ed ha mutato il rapporto reato-indagato con lo storico “Tanto rubiamo tutti” – come se commettere un reato in molti, che ne so uno stupro, ne attenui la gravità – dopo si è giunti al teorema delle persecuzioni (“Ce l’hanno con me”), all’alibi di un altro reato (“Si sono colpevole ma non ho mica ammazzato nessuno”) per evolversi fino allo scajolano “A mia insaputa”. Anche se qui siamo passati all’avanspettacolo.
Prendiamo il caso della Juventus, presa con le mani nella marmellata grazie alle solite intercettazioni su dei fatti che erano chiari anche agli occhi di un bambino.E’ stata punita, si è disinfestata da certi dirigenti – almeno ufficialmente – è ripartita e dopo qualche anno di magra ha messo in piedi una gran squadra (temo che rimarrà ai vertici per un pò) ed ha rivinto.
Ed ecco che come una lima sorda il suo Presidente, continua a baccagliare sulla storia dei 30 scudetti sul campo e della terza stella, unito – già che c’era – ad un vittimismo ancestrale sfidando e calpestando a suon di sofismi la Legge, il buon senso ed il buopn gusto.
Un pò come se Ben Johnson avesse continuato a dire che l’oro di Seoul nell’88 sui 100 metri era suo perchè in pista arrivò davanti a tutti. Poi che fosse un’attimo dopato sono quisquiglie.Parimenti, la Juve in campo fa effettivamente vinto, ma che le partite fossero un pò pilotate e/o indirizzate al puntuale Andrea Agnelli non interessa.
Possiamo comprendere che essere stato scalzato dai fratelli Elkan per l’eredità della famiglia Agnelli abbia disturbato il preciso Andrea, in una corsa tra ram-polli che delinea il livello dell’aristocrazia italiana.
Ma questo suo integralismo mediatico- un mix tra Mughini e Idris per rimanere fra i tifosi più equilibrati della Vecchia Signora – credo vada a discapito proprio dei tanti supporter della Juve, che iniziano fortunatamente a storcere il naso dinanzi ai deliri del Presidente.
Mendel per le sue teorie sui caratteri dominanti si era avvalso dei piselli, noi per capire quelle sugli scudetti revocati ci affidiamo ad Andrea Agnelli.